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Il punto di partenza: la resilienza 

Ancora 1

Da dove comincia il nostro percorso?

Il percorso parte da un concetto e da un luogo fisico che lo cela.

Raccontare la storia di questo luogo

Raccontare la resilienza.

Raccontare la storia evolutiva di questi luoghi è interessante, per me, e assolutamente necessario per la comunità che vi abita e per cui è spesso difficile leggere in positivo delle trasformazioni che a prima vista colpiscono per altro.

Mi riferiscono a quando parole come cava, estrazione di materiale, impoverimento biologico fanno capolino anche nei luoghi più incantati del nostro Paese.

Nulla si sottrae al tempo, alle mutazioni e al cambiamento del modo di vivere spesso sconnesso dalla natura e l'ambiente naturale.

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Al fianco della parola cava mi permetto di aggiungerne un'altra resilienza che meglio descrive la situazione attuale e la linea programmatica per il futuro di questi luoghi.

La storia è recente ci ha fatto assistere alla rinaturalizzazione di una ex cava utilizzata per anni a scopo estrattivo.

Porre l'accento sul processo rigenerativo di un territorio con una storia particolare è necessario soprattutto quando questa porzione di paesaggio è inserito in un'area naturale protetta.

Il problema del reinserimento di un sito estrattivo nell’ambiente è, da sempre, uno dei più delicati da affrontare nei progetti di riqualificazione. La “cattiva fama”, di cui gode il concetto stesso di cava  è in gran parte legata proprio alla difficoltà con cui la zona prescelta può tornare a disposizione della collettività, con risultati spesso non soddisfacenti.
La scelta dei possibili riutilizzi del sito è sempre più ampia, ma ciascuno dei potenziali usi richiede un’adeguata pianificazione dei processi di progettazione, gestione e chiusura che tengano conto da subito dei fenomeni tipici della post chiusura, quali assestamenti e rigenerazione biologica. In particolare, in questo contesto si tende a scegliere la ricomposizione ambientale, con lo scopo di preservare il paesaggio in cui le cave sono inserite.
Generalmente, il reinserimento ambientale è attuato tramite una rivegetazione; la scelta delle colture è molto ampia e deve essere compiuta con attenzione. Infatti, generalmente, si incontrano diversi problemi sia legati all’attecchimento della vegetazione, e quindi squisitamente tecnici e legati alla verifica, ad esempio, delle essenze autoctone utilizzabili.

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Sono necessari interventi che hanno come obiettivo la realizzazione di un’area naturalisticamente integrata e connessa al paesaggio circostante, ricca di piante autoctone nei diversi strati vegetazionali, che offre all’entomofauna ed alla fauna della zona sia fonti di cibo (erbe, semi e frutti) sia rifugio (cespugli e piante arboree).

Integrare i processi industriali di estrazione con quelli di rinaturalizzazione, al fine di velocizzare il processo evolutivo della flora sull’area ex cava, è l’obiettivo che ci si è posti con l’intento di innescare un processo positivo al momento della dismissione dell’impianto di estrazione.

Tale obiettivo, pertanto, è stato raggiunto tramite il processo naturale di evoluzione verso il climax delle essenze autoctone che come è visibile dalle foto in modo rapido ha ricolonizzato la zona mitigando l’intervento estrattivo e attraverso l’intervento antropico di costruzione della Stuttura Ricettiva ha innescato un processo virtuoso che si auspica venga in ogni situazione di criticità simile.

Quello che è successo qui non è stato infatti solo un processo di rinaturalizzazione di un sito ma di una riattribuzione di senso: la cava non è ritornata solamente alla natura ma è diventata punto di ricezione turistica del Monumento Naturale, polo in cui si fa educazione ambientale e si lavora con scuole e ci auspichiamo possa diventare sempre di più un punto di ricerca, studio e riflessione.

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